Metabasis N. 36
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Frammenti 4

Recensioni

F. W. J. Schelling, Le divinità di Samotracia, a cura di F. Sciacca

Il melangolo, Genova, 2009

Paolo Bellini

A torto considerato, come viene chiarito dallo stesso curatore, un saggio estraneo alla speculazione filosofica e di impronta propriamente filologica, questo breve scritto di Schelling mostra invece come le narrazioni di ordine mitico-simbolico possano essere, se opportunamente interpretate, una materia feconda per il pensiero speculativo. Sine ira et studio Fabrizio Sciacca, curatore dell'opera, permette, così, al lettore di accedere con facilità a quest'opera, evitandogli la fatica di dover ricorrere all'originale tedesco o alle precedenti edizioni in italiano, francese e inglese assai lacunose relativamente alle note che, ove non erano state del tutto omesse, risultavano tradotte in maniera incompleta. L'attenta lettura di questo breve scritto, quindi, oltre a un indubbio interesse di carattere storico per l'approfondimento del pensiero di Schelling, offre lo spunto per riflessioni di carattere più generale. Ciò che qui sembra essere in questione, dal punto di vista del lettore contemporaneo, riguarda l'immaginario collettivo e la sua importanza tanto per la comprensione dell'identità e della cultura dei popoli, quanto per l'indubbia ricchezza che esso offre alla speculazione filosofica. Il grande filosofo tedesco, infatti, nell'approfondire il significato concettuale delle divinità di Samotracia e nel tracciare interessanti analogie con le più note divinità del pantheon greco- romano, che verranno successivamente riprese da Kerenyi nelle sue opere sulla mitologia greca, anticipa la fondamentale idea per cui il mito, lungi dall'essere una semplice narrazione fantastica, rappresenta invece un importante strumento per la comprensione dell'immaginazione come una delle forme fondamentali del relazionarsi alla realtà fenomenica. In particolare, per la nuova civiltà globalizzata che, nonostante sia dominata da una mentalità tecno-scientifica orientata alla trasformazione tecnologica della realtà, vede un'incredibile fioritura di mitologie collettive e immagini numinose in continuo divenire, questo breve scritto può rappresentare una valida introduzione allo studio di un immaginario sempre più sincretistico e complesso. Schelling, in altri termini, ci mostra come tra le pieghe delle mentalità mitica emergano strutture sintattiche di carattere archetipico, che ne regolano la produzione e permettono ogni sorta di traduzione culturale e di ricezione delle forme simboliche al di là del loro specifico contesto di origine. Il filosofo, quindi, oltre le sue stesse intenzioni, mostra al lettore contemporaneo come il risalire alla fonti più originarie del pensiero occidentale, non sia un esercizio di erudizione fine a se stessa, ma un mezzo indispensabile per comprendere il senso di un'identità culturale e simbolica che proietta se stessa nel futuro. Così Axieros/Demetra, Axiokersa/Persefone, Axiokersos/Ade e Cadmillo/Ermes rappresentano molto di più che semplici divinità pagane adorate in un passato ormai scomparso, esse simboleggiano invece un linguaggio archetipico e inconscio, che emergendo dalla profondità abissale di un tempo prima del tempo condiziona ancora con rinnovato vigore le scelte, le azioni e i desideri di un'umanità in cerca di se stessa e del proprio destino.

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